Per tutti gli italiani che grondano ammirazione per l’Inghilterra, ove un musulmano è diventato sindaco della Capitale. Forse non conoscete la storia di una avvocatessa indiana di nome Usha Gupta. Usha Gupta è nata nel 1963 in Uganda, da genitori -appunto- indiani, parte di quella comunità  che Idi Amin Dada espulse nel 1971.  Negli anni Novanta, quando liti di vicinato tra agricoltori offrivano interessanti opportunità professionali per avvocati, Usha Gupta ha comprato un cottage in un piccolo centro vicino a Birmingham e ci si è trasferita. Ma un gruppo di razzisti ha iniziato renderle la vita impossibile, con aggressioni di ogni tipo: p.es. una serie di sassate ha distrutto le finestre del suo studio, e poi le hanno distrutto la casa, coprendola di scritte razziste. Usha Gupta non si è fatta intimorire, ha sporto denuncia e alla fine la polizia è riuscita a sgominare la banda di fascisti, grazie alla confessione di uno di loro, Roy Tucker.

Usha Gupta si è poi ambientata bene nel villaggio tanto che nel 2005 ha sposato Alan Franks, il prete (anglicano. devo spiegarlo?) del villaggio. I due hanno in comune la passione per il motociclismo. Ora, il fatto che il prete del villaggio sposasse una signora hindi ha causato un po’ di scompiglio sia nella famiglia di Usha – ha una zia il cui lavoro è organizzare matrimoni tra i membri della locale comunità hindi, rigorosamente endogamici. Padre Alan è vedovo, ha una figlia che studia all’Università e l’opposizione della famiglia della moglie era da mettere in conto.

Ma anche i parrocchiani non la hanno presa tutti benissimo: la signora Peggy per esempio ha cambiato parrocchia, e per le feste va a messa al villaggio accanto. Anche se, si dice, è comunque molto tradizionalista e non le piace la piega femminista che la Chiesa d’Inghilterra ha preso ultimamente. E si è clamorosamente dimessa dal consiglio parrocchiale una delle signore più attive nella vita locale, la vedova Hebdon, che negli anni di assenza del vicario ha mandato avanti praticamente da sola la vita della parrocchia e quella sociale del villaggio tra iniziative assistenziali, mobilitazione contro la costruzione di una nuova strada, sollecitare il vescovo per mandare qualche prete almeno temporaneamente ecc. ecc. Ma anche lì la storia non è completamente chiara e forse non è opportuno parlare di razzismo da parte della signora, visto che comunque ha avuto una storia con il fidanzato di Usha Gupta dell’epoca.

Sono passati anni, adesso. Roy Tucker ha chiesto perdono a Usha Gupta, che però trova ancora difficile ripensare alla faccenda. La vedova Hebdon si è poi sposata con il veterinario, e lo ha aiutato ad uscire dalle dipendenza dal gioco, aprendo nel villaggio una sezione di “giocatori anonimi”. Il figlio del precedente matrimonio è adesso all’accademia militare e si prepara per qualche operazione all’estero. La mamma va giustamente orgogliosa, visto che il bimbo era nato con una difficile forma di artrite. Usha Gupta e il marito padre Alan sono stati di enorme aiuto, quando una terribile inondazione ha distrutto parte del villaggio e Usha, avvocatessa, sta seguendo le cause con le assicurazioni per i rimborsi.

Se vi state chiedendo quale sia il villaggio, sappiate che la risposta è Ambridge, nel Borsetshire. Posti che non esistono: né il Borsetshire, nemmeno il villaggio di Ambridge, che è invece l’ambiente di The Archers, il radiodramma più duraturo della storia, in cui sono avvenute le vicende che vi ho raccontato.  Ora, in un Paese capace di immaginare, già nel decennio scorso, la storia d’amore tra una avvocatessa afro-indiana, ed un prete che va in motocicletta (altro che don Matteo) cosa volete che sia, il primo sindaco musulmano di una metropoli?

Un solo consiglio: volete capire l’Inghilterra? Capire forse è un po’ troppo, diciamo conoscere? L’Inghilterra rurale, quella in cui vive la maggior parte degli inglesi? Gli stessi inglesi che votano a favore del matrimonio gay, che vogliono tenersi la regina e non sanno bene cosa pensare dell’Europa? Lasciate perdere i corrispondenti dei quotidiani italiani e piuttosto ascoltate The Archers. Poco più di dieci minuti al giorno che vi aprono un mondo sconosciuto, ma popolato da gente (più o meno) reale. State attenti perché può causare dipendenza.

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Una risposta a

  1. Shylock ha detto:

    Sarà che non faccio parte di “tutti gli italiani”, ma io non grondo: Khan mi dà l’impressione del mussulbuono da contrapporre ai mussulcattivi, un po’ come good cop / bad cop; naturalmente lo sai anche tu qual è quello dei due che poi ti frega.

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